Era lì, in piedi a guardare le rovine della sua casa, a godersi il cielo di primavera senza neanche rendersene conto, lì, in piedi a chiedersi perchè il futuro dei suoi cari fosse così fosco, perchè avesse commesso tanti errori, in vita sua: e non si accorgeva che la risposta, la luce e la speranza erano proprio in quella vaghezza, in quella nebbia, nel dolore e nel caos; lo conosceva, lo capiva con tutto il cuore il senso della vita che era toccato a lei e ai suoi cari, e per quanto né lei né loro potessero dire che cosa avesse in serbo la sorte, e per quanto sapessero tutti che in epoche tremende l'uomo non è più artefice del proprio destino e che è il destino e che è il destino del mondo ad arrogarsi il diritto di condannare o di concerdere la grazia, di portare agli allori, o di ridurre in miseria, e persino di trasformare in polvere di lager, tuttavia né il destino del mondo, né la storia, né la collera dello Stato, né battaglie gloriose e ingloriose erano in grado di cambiare coloro che rispondono al nome di uomini; ad attenderli potevano esserci la gloria per le imprese compiute oppure la solitudine, la disperazione, il bisogno, il lager e la morte, ma avrebbero comunque vissuto da uomini e da uomini sarebbero morti, e chi era già morto era comunque morto da uomo: è questa la vittoria amara ed eterna degli uomini su tutte le forze possenti e disumane che sempre sono state e sempre saranno nel mondo, su ciò che passa e ciò che resta."
Vasilij Grossman, Vita e destino