"Il silenzio, finito l'intervallo della canzonetta, s'era ingrandito a una misura fantastica, tale che non solo gli orecchi, ma il corpo intero lo ascoltava. E Useppe, nell'ascoltarlo, ebbe una sorpresa che forse avrebbe spaventato un uomo adulto, soggetto a un codice mentale della natura. Ma il suo piccolo organismo, invece, la ricevette come un fenomeno naturale, anche se mai prima scoperto fino a oggi.
Il silenzio, in realtà, era parlante! Anzi, era fatto di voci, le quali da principio arrivarono piuttosto confuse, mescolandosi col tremolio dei colori e delle ombre, fino a che poi la doppia sensazione diventò una sola: e allora s'intese che quelle luci tremanti, pure loro, in realtà, erano tutte voci del silenzio. Era proprio il silenzio, e non altro, che faceva tremare lo spazio, serpeggiando a radice più in fondo del centro infocato della terra, e montando in una tempesta enorme oltre il sereno. Il sereno restava sereno, anzi più abbagliante, e la tempesta era una moltitudine cantante una sola nota (o forse un solo accordo di tre note) uguale a un urlo! Però dentro ci si distinguevano che sa come, una per una, tutte le voci e le frasi e i discorsi, e a migliaia di migliaia: e le canzonette, e i belati, e il mare, e le sirene d'allarme, e gli spari, e le tossi, e i motori, e i convogli per Auschwitz, e i grilli, e le bombe dirompenti, e il grugnito minimo dell'animaluccio senza coda... e «che me lo dài, un bacetto, a' Usè?...»"
Elsa Morante, La Storia
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