Egli volle almeno per un istante
visitare i Suoi figli proprio là dove avevano cominciato a crepitar i roghi
degli eretici. Nell’immensa Sua misericordia, Egli passa ancora una volta fra
gli uomini in quel medesimo aspetto umano col quale era passato per tre anni in
mezzo agli uomini quindici secoli addietro. Egli scende verso le “vie roventi”
della città meridionale, in cui appunto la vigilia soltanto, in un “grandioso
autodafé”, alla presenza del re, della corte, dei cavalieri, dei cardinali e
delle piú leggiadre dame di corte, davanti a tutto il popolo di Siviglia, il
cardinale grande inquisitore aveva fatto bruciare in una volta, ad majorem Dei
gloriam, quasi un centinaio di eretici. Egli è comparso in silenzio,
inavvertitamente, ma ecco – cosa strana – tutti Lo riconoscono. Spiegare perché
Lo riconoscano, potrebbe esser questo uno dei piú bei passi del poema. Il
popolo è attratto verso di Lui da una forza irresistibile, Lo circonda, Gli
cresce intorno, Lo segue. Egli passa in mezzo a loro silenzioso, con un dolce
sorriso d’infinita compassione. Il sole dell’amore arde nel Suo cuore, i raggi
della Luce, del Sapere e della Forza si sprigionano dai Suoi occhi e, inondando
gli uomini, ne fanno tremare i cuori in una rispondenza d’amore. Egli tende
loro le braccia, li benedice e dal contatto di Lui, e perfino dalle Sue vesti,
emana una forza risanatrice.
F.M. Dostoevskij, I
fratelli Karamazov
Nessun commento:
Posta un commento