UNO
(Nel quale,
prima che passi in tàvola
tant’alcol quanto
il Naviglio,
il nostro protagonista si presenta:
e così lo conoscerete.
Ritroverete anche il Mozart.)
Comeandatafinire?
Beh, lui dormiva a casa; era agibile, la sua, al piano terra. Siamo andati lì. Poi ho chiamato il medico del campo. E, il giorno dopo, abbiam fatto denuncia. Lui ha detto che non li conosceva. Delinquenti! Muro Lucano è piena. Son venuti a Castelgrande e han visto la luce da fuori, l’han chiamato con la scusa che avevan bisogno. Lui è uscito. E giù botte.
Voi, qui, avete preso un po’ dalle bestie.
No, non voi di Barile. Ma, insomma, da queste parti. Poi: quello, Castelgrande, è un paese da lupi.
Beh, da lì in poi siam diventati amici, ne abbiam fatte di quelle! È stato un amico davvero, un grande amico. Buon bevitore e giocatore di biliardo. Lui era di Castelgrande e il giorno del terremoto era a Francoforte, era emigrato là. Forse adesso non ci torna più: è venuta giù anche la moglie coi figli.
Coraggio, Filippo, bevi il tuo vino. Meglio: il tuo succo di frutta! Vuota il bicchier ch’è pieno, riempi il bicchier ch’è vuoto.
Coraggio, ragazzi! Prosciutto e mozzarella.
Buon appetito.
Ma cosa ti segni? Abbiamo appena detto la preghiera.
Già, non è la sola cosa che fate per abitudine. Senza capire.
Un’abitudine buona? Se è un’abitudine, non è buona. Non ha coscienza. È un riflesso condizionato.
Dammi un sorso del rosso, va’. Rosso per modo di dire. Arancione.
Guarda quelli come sbevàzzano con ardore. Han già gli occhi rotondi.
Antonio De Petro, Fuor della vita è il termine
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