martedì 16 settembre 2014

Rispondendo a un amico interventista...

"abbiamo visto che, al di fuori dei sentieri della santità integrale, il cristiano ha il dovere di resistere alla forza con la forza. Ciò che differenzia uno Stato di ispirazione cristiana è che, in ogni conflitto, esso cercherà dapprima di far prevalere le vie della carità, esaurirà prima tutti i mezzi che non siano mezzi di guerra. Ma può arrivare il momento in cui tali mezzi si rivelino definitivamente inefficaci. Allora, e allora soltanto, contornando la decisione con numerose garanzie e precisazioni, il cattolicesimo ammette la legittimità della violenza al servizio della giustizia.
Questo è il senso della dottrina tradizionale della guerra giusta. Nettamente parallela, nelle sue autorizzazioni come nei suoi divieti, alla dottrina dell'insurrezione giusta, essa non cade nelle contraddizioni in cui si ingarbugliano molte dottrine politiche, pacifiste o belliciste secondo gli uomini e secondo i casi. Non ho modo, qui, di esporla in tutte le sue sfumature. Ricorderò soltanto le rigorose condizioni che la tradizione teologica comune pone alla giustizia di una guerra. Questa deve anzitutto essere pubblica, dichiarata dall'autorità legittima e per quanto possibile in accordo con il popolo. In secondo luogo, deve avere una causa giusta e cioè la riparazione di una grave ingiustizia; inoltre, il motivo della guerra non deve essere solo giusto di per sé ma deve anche esserlo in proporzione ai rischi e ai mali che la guerra può causare. In terzo luogo, la guerra deve essere condotta con una retta intenzione, deve cioè essere intrapresa e portata avanti con l'unico scopo della pace, e di una pace giusta. Infine, la guerra è giustificata solo se risulta essere l'unico mezzo per riparare l'ingiustizia. Precisiamo che queste condizioni formano un tutto inscindibile; il venir meno di una sola di esse è sufficiente a tacciare la guerra di illegittimità."
Emmanuel Mounier, i cristiani e la pace

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