venerdì 10 aprile 2020

Cena (8)


Si, si. Ne ho viste e ne ho fatte. Ma questo è un inferno. Mi sembra d’esser Ulisse, con Priamo e i cavalieri, come li ha messi insieme il ghibellin fuggiasco.
Il problema è che a vent’anni si capisce poco e dai quaranta in poi non si ama più. Siamo scèttici, tutti. Non siamo più capaci di aver simpatia per niente. Non si sa più lavorare insieme. Uno invidia l’altro. Altroché cristiani! Bestie! L’uomo diventa una bestia e il sangue va in vino.
Non è un j’accuse, dottore. È la verità. Chi non ha più vent’anni se ne accorgerà.
Non si può aver vent’anni tutti allo stesso momento, sarebbe una vita senza storia.
Il matrimonio? No. Non è detto che sia quella la rovina. Il matrimonio è una vita comune: è un cènobio, come un convento. Ci son conventi e conventi. Dipende dalla regola che hai e dal cuore con cui la vivi. Anche di questo ho discusso con le suore a Laviano. E anche con la Rosa, la ragazza che era con loro. Chissà cosa farà, ora.
No, non insegno niente. Imparo. Imparo da quello che vedo e incontro. Dalla gente. Una volta ho fatto quattordici ore di viaggio in aereo con un arabo di fianco. Non lo conoscevo. Ma abbiamo parlato tutto il tempo, solo attraverso mie domande: senza insegnargli niente, ascoltavo le sue risposte.
Sì, ho viaggiato molto. Ve l’ho detto.
Antonio De Petro, Fuor della vita è il termine

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